Storie di “ordinaria” repressione sindacale

RFI condannata due volte per attività antisindacale

Ancora una volta RFI mostra il suo volto autentico. Tutti dovrebbero chiedersi se queste possono essere le basi su cui gestire la cosa pubblica. Quello che accade in RFI riguarda tutti. Noi continueremo a fare il nostro, sperando che tutti facciano lo stesso.


Il comunicato stampa:

Il 28 aprile 2025 il Tribunale Ordinario di Prato ha ribadito per la seconda volta l’illegittimità del comportamento che Rete Ferroviaria Italiana ha adottato nei confronti di Alberto Russo delegato RSU ed RLS dei Cobas Lavoro Privato, dipendente di RFI nella Doit di Bologna.
I fatti: dopo la firma dell’accordo del 10 gennaio 2024, che ha imposto una riorganizzazione che sta devastando il settore della manutenzione dell’infrastruttura di RFI, si è attivata una grande mobilitazione dei lavoratori per contrastarne la realizzazione e i cui effetti dovrebbero preoccupare soprattutto l’utenza (i ritardi sui tabelloni dal 3 giugno in avanti ne sono la riprova più lampante).
Da questa mobilitazione nasce l’Assemblea Nazionale dei Lavoratori della Manutenzione che insieme ai Cobas L.P e la Cub stanno sviluppando iniziative di contrasto molto partecipate, divenendo quindi un obiettivo da stroncare per i vertici di RFI.
Con questi presupposti l’attenzione verso le figure che considera più in vista, non si fa attendere.
In quest’ottica con uno spostamento “coatto” il 18 aprile 2024 RFI impone un trasferimento in altra sede ad Alberto Russo e lo fa decadere dal ruolo di RSU ed RLS.
A questa iniziativa la risposta è immediata ed esercitando le prerogative previste dall’ex art. 28 della legge 300 del 1970, i Cobas Lavoro Privato, con l’assistenza degli avv.ti Carlo Guglielmi e Gabriele Gingolo dello studio legale “lavoro vivo”, portano in giudizio Rete Ferroviaria Italiana per vedere riconosciuta l’attività antisindacale della Società e per ripristinare il rispetto della libertà di esercizio dell’attività sindacale.
Il 4 novembre 2024 il Tribunale Ordinario di Prato delibera a favore dei Cobas LP, imponendo ad RFI di ripristinare la precedente sede lavorativa e conseguentemente reintegrare nell’esercizio del proprio ruolo come delegato RSU ed RLS Alberto Russo.
Ci si dovrebbe aspettare che un azienda, che tra l’altro vede come azionista di maggioranza lo Stato, almeno le sentenze le rispetti. Al contrario, il vertice di questa azienda “pubblica” ha scelto da tempo di disattendere qualsiasi vincolo normativo che incontra sul suo cammino, evidentemente ritenendosi immune da qualsiasi obbligo, e ha deciso di usare il pugno di ferro con i lavoratori che non si piegano, nel tentativo di neutralizzare quelle figure che sostenendo la lotta mettono in discussione i loro obiettivi.
Il rientro in sede del Russo è una cosa che non può permettersi, quindi cerca di ignorare la sentenza in prima battuta, non riesce nel suo intento e dispone quindi la riassegnazione alla sede di lavoro originaria.
Ma non è disposta a cedere (che vorrebbe dire semplicemente rispettare la sentenza) e quindi lo mette prima in ferie forzose e poi impone un nuovo trasferimento nonostante le chiare disposizioni della sentenza.
A questa prova muscolare, il Cobas LP, risponde opponendo alle iniziative di RFI un nuovo articolo 28, che, il 28 aprile 2025 non solo ribadisce l’illegittimità dell’azione imposta da RFI, ordinando il ripristino della sede di lavoro originaria, ma dispone che gli atti vengano inoltrati alla Procura della Repubblica, in quanto Il datore di lavoro che non ottempera all’ordine del giudice di cessazione dell’attività antisindacale è punito ai sensi dell’articolo 650 del codice penale.
Condividiamo questa iniziativa che sosterremo e solleciteremo affinché possa avere un esito interdittivo nei confronti di un Azienda come RFI, che forse annusando l’aria, si sente in diritto di azzerare l’agire sindacale se non ritenuto compiacente, utilizzando il trasferimento coatto come nuova forma di confino, con la convinzione che questo possa ridurci al silenzio.
Nei prossimi giorni vedremo come RFI reagirà alla nuova sentenza, ma una cosa ci sentiamo di dirla sin da subito.
Ai “bulli” risponderemo sempre e non ci faremo ridurre al silenzio senza lottare.

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