Pubblichiamo un articolo di alemannaro, uscito sul numero 2 (anno 105) del settimanale anarchico Umanità Nova (www.umanitanova.org – uenne_redazione@federazioneanarchica.org), che parla degli effetti della riorganizzazione fatta con l’accordo del 10 gennaio 2024 tirando in ballo anche la disinformazione perpetrata dall’azienda.
RFI scarica le responsabilità sui ferrovieri
Binario minato
Sono bastati poco più di sei mesi dall’entrata in vigore del nuovo modello organizzativo del settore manutenzione ferroviaria, basato su un accordo stipulato tra RFI – Rete Ferroviaria Italiana e sindacati confederali, perché molti dei problemi e delle criticita denunciate dagli addetti ai lavori venissero a galla in tutta la loro drammaticità. È sufficiente andare a rileggere gli articoli che questo giornale ha dedicato all’argomento per rendersi conto come quello che sta accadendo fosse facilmente prevedibile e come siano state ignorate le critiche e le denunce avanzate dai lavoratori che, se fossero state ascoltate e non scientificamente e pregiudizialmente ignorate, avrebbero potuto evitare o quantomeno attenuare alcune problematiche.
Inutile qui ribadire le ricadute che la nuova organizzazione ha comportato sulla vita privata dei ferrovieri, completamente annullata a causa di turni continuamente spostati con minimo preavviso; sulla loro salute, ‘grazie” a orari che non consentono riposi adeguati e a un’organizzazione a dir poco improvvisata; sulla sicurezza dei manutentori, basti dire che gli infortuni sul lavoro sono cresciuti del venti per cento. Si tratta di dati di fatto evidentemente trascurabili per chi ha siglato questo accordo che, per amor di verità, contemplava tra i suoi obiettivi, è bene ricordarlo, la: “conciliazione dei tempi di vita e lavoro” e “un’organizzazione (…) nel rispetto della sicurezza del lavoro”, aspetti completamente disattesi senza che peraltro, sempre per richiamarsi all’accordo in questione, in cambio venissero minimamente intravisti i dichiarati incrementi dei livelli di manutenzione preventiva o l’internalizzazione di attività attualmente affidate in appalto.
Nelle ultime settimane abbiamo assistito a tutta una serie di guasti, anomalie e incidenti che hanno creato enormi disagi alla circolazione ferroviaria con pesanti ritardi, cancellazioni di treni e notevoli disagi per tutti i passeggeri che si sono ritrovati nell’impossiblità di usufruire di un servizio essenziale come quello della mobilità. I manutentori, da sempre ben coscienti delle conseguenze che questo nuovo modello avrebbe comportato anche in termini di efficienza del servizio erogato, hanno continuamente ribadito l’impossibilità di svolgere un’adeguata manutenzione a causa delle condizioni di lavoro che questa nuova organizzazione istituisce, denunciando le conseguenze in termini di guasti che tutto ciò avrebbe comportato, basta citare quello che su questo giornale veniva scritto nello scorso ottobre (UN 30/24) “Paradossalmente poi (…) questa organizzazione (…) non è assolutamente funzionale nemmeno dal punto di vista aziendale, la manutenzione ciclica, quella che di fatto previene gli incidenti e i guasti, è praticamente azzerata (…) gli inconvenienti alla circolazione e i consistenti ritardi di questo ultimo periodo rischiano di essere solo un primo avvertimento di quello che potrebbe succedere prossimamente”.
Come ha reagito RFI, e in generale il gruppo FS, a questa situazione? Forse ammettendo l’inadeguatezza della nuova organizzazione o quantomeno la sua troppo precipitosa messa in atto e cercando di ricalibrare il modello manutentivo tentando di ripristinare una situazione più vivibile per i lavoratori e contemporaneamente cercando di salvaguardare e ripristinare i livelli minimi di sicurezza e efficienza della circolazione? Ovviamente no. Ha optato invece per una nuova e al contempo antica strategia, creare ad arte una teoria del complotto per mascherare i propri fallimenti e le proprie colpevoli mancanze. Ecco allora servita l’ipotesi di sabotaggio: loschi individui che si aggirano lungo le linee ferroviarie con cacciaviti, catene di bicicletta, martelli, chiodi e bottiglie e che minano la sicurezza dell’infrastruttura ferroviaria provocando, o rischiando di provocare, danni, anomalie, guasti, incidenti e conseguenti ritardi; loschi individui che, si lascia intendere ma talvolta addrittura si dichiara apertamente, sarebbero gli stessi ferrovieri.
La risibilità dell’accusa è abbastanza evidente e basterebbero poche considerazioni a dimostrarne l’assurdità; ne accenniamo due tra le tante che potremmo enunciare. In primo luogo, se il gruppo FS ritenesse fondata o comunque anche solo lontanamente probabile l’esistenza di un pericolo di sabotaggio all’infrastruttura, non dovrebbe permettere la circolazione di treni con il rischio di incidenti e danni per i passeggeri; in secondo luogo, se considerasse reale la possibilità che fossero gli stessi manutentori a minare la sicurezza delle linee ferroviarie, per quale motivo avrebbe predisposto turni di presenziamento nelle località ritenute strategiche da parte degli stessi potenziali danneggiatori. Aldilà della comicità dell’accusa, e in generale di tutta l’ipotesi, quello che è veramente grave e sconcertante è il fatto che questo teorema sia passato dall’essere una tra le tante dichiarazioni estemporanee e improvvisate sull’argomento – basti pensare alla proposta di diminuzione dei treni da far circolare come soluzione per ridurre gli incidenti oppure alla “spiegazione” che vede tra le cause dei continui inconvenienti la limitatezza longitudinale del territorio italiano- a un’ipotesi reale, con tanto di esposto da parte dei vertici aziendali alla Cliges e conseguenti indagini per accertare la plausibilità della denuncia: un atto che implica tutta una serie di inquietanti conseguenze.
Con questa mossa l’azienda si cautela contro tutti i possibili incidenti, ritardi o guasti che da questo momento in poi saranno considerati non più come diretta conseguenza dell’inefficacia del nuovo modello organizzativo, ma esclusivamente dei “sabotaggi” a cui l’infrastruttura sarà sottoposta. Tutta la responsabilità verrà addossata a un capro espiatorio, mascherando in questo modo le mancanze strutturali e l’impossibilità di fornire un servizio adeguato, efficiente e sicuro e contemporaneamente sollevando da ogni colpa o critica i promotori di questo recente progetto. Viene inoltre tacitata ogni voce interna dissonante: qualunque obiezione rivolta all’azienda sarà considerata alla stregua di una “apologia di reato”, un tacito consenso ad azioni miranti a danneggiare la circolazione, in un clima sempre più autoritario dove la censura diverrà norma. È un clima che l’azienda aveva già messo in atto, punendo con sanzioni disciplinari, multe e sospensioni chi non si era dimostrato allineato, ma che da ora in poi sarà ancora più stringente ed esasperato; e già si ode l’eco lontana, ma nemmeno troppo, delle misure con cui FS, nel 1923, epurava tutta una serie di dipendenti indesiderati, anarchici, massimalisti e comunisti.
Un altro aspetto de considerare é quello relativo alla “tranquillità” dei manutentori nello svolgimento delle proprie attività: come tutti coloro che lavorano infatti non sono infallibili e sono sottoposti ad errori, che da questo momento in poi saranno però studiati con la lente di ingrandimento per capire se ci possa essere stato dolo. Insomma, non esisteranno più “semplici” sbagli, ma solo ipotesi di reato; ogni operatore dovrà convivere con una spada di Damocle sulla testa, in un clima tossico e altamente stressante che ne minerà l’efficienza e lo porterà ad essere sempre più soggetto a commettere errori in un circolo viziose senza fine.
Per finire, si getta in pasto alla vasta platea dei viaggiatori e di chi usufruisce dei servizi del gruppo FS, un “nemico” responsabile dei disservizi, dei ritardi e delle cancellazioni, un nemico che per ottenere i propri scopi non ha remore a mettere in pericolo tutti quanti e che non ha a cuore i disagi a cui sono sottoposti gli utenti; si crea ad arte nell’opinione pubblica un sentimento di rancore e di vero e proprio risentimento verso chi lotta, allo stesso tempo, sia per i propri diritti che per garantire un servizio sicuro ed efficiente. Si cerca di creare un “nemico” nel tentativo di distogliere l’attenzione dai veri responsabili della situazione, che possono cosi continuare, tranquillamente e senza essere disturbati, ad attuare i propri disegni, apparendo per giunta come gli unici veramente preoccupati di garantire gli utenti e proteggerli da chi vuole negare loro il diritto alla mobilità.
Una riflessione doverosa é poi da fare sul comportamento tenuto dai mass media riguardo all’argomento e su come questi abbiano in generale affrontato la questione: gli organi di informazione, nella maggioranza dei casi, non hanno mai, in nessun momento, messo in dubbio l’ipotesi del sabotaggio, rendendola anzi sempre più credibile con improbabili filmati pescati chissà dove, evidenziando oggetti estranei lungo le linee ferroviarie, senza mai approfondire la notizia, interpellare gli addetti ai lavori, senza svolgere nessun tipo di indagine giornalistica, ma solo ed esclusivamente fornendo un’immagine distorta e di comodo, spesso scandalistica e scandalizzata dell’accaduto. Per esempio, hanno omesso di dire, solo per citare un singolo fatto, come le linee ferroviarie non siano chiuse e che chiunque possa accedervi facilmente e gettarvi rifiuti di qualunque genere; o come molto spesso siano gli agenti atmosferici a trasportare materiale sui binari e sulla linea aerea, cosa che succede da sempre, e che solo la costante presenza e la prontezza di chi vi lavora abbia spesso scongiurato disguidi e anomalie. Giornali e tv hanno cercato dr cavalcare la notizia, senza affrontare o approfondire i temi in questione o sviluppare un ragionamento critico, strumentalizzando l’accaduto senza fornire chiarezza, senza ascoltare pareri e testimonianze dei diretti interessati, confezionando servizi ed articoli che oscillano tra il gossip di peggior livello e il tutorial su come poter danneggiare enti ferroviari. Anche in questo caso, come è ormai abitudine consolidata, si cavalca il momento, si vende la notizia come merce, si cerca, nel classico stile “divide et impera”, di frammentate la classe operaia in settori e compartimenti stagni per creare divisioni e contrasti, gelosie e incomprensioni, impedire un’azione comune che sola potrebbe mettere in discussione il potere e l’egemonia di una classe dirigente che persegue i propri obiettivi sulla pelle, e sui cadaveri, di chi lavora.
Un’ultima considerazione va fatta sul comportamento tenuto dai sindacati nello specifico della vicenda trattata. A fronte delle dichiarazioni dei vertici aziendali e governativi sulle ipotesi di sabotaggio da parte dei lavoratori, dichiarazioni gravi, lesive della reputazione di un’intera categoria e, come abbiamo cercato di sottolineare, pericolose e insidiose, la risposta delle sigle sindacali, specie quelle confederali, è stata del tutto insufficiente. Se da una parte i sindacati di base si sono affrettati a denunciare l’accaduto con comunicati stampa e quant’altro, schierandosi compatti dalla parte dei manutentori e ribadendo le responsabilità dell’accordo del 10 gennaio, dall’altra la risposta delle sigle confederali, che anche a livello di risonanza mediatici avrebbe avuto tutt’altro valore, è stata piuttosto timida, seppur con alcune eccezioni. Il motivo appare abbastanza semplice: nonostante le pressioni degli iscritti per retrocedere dall’accordo i sindacati nazionali non hanno intenzione, almeno per ora, di tornare indietro, ammettendo implicitamente il fallimento del nuovo modello organizzativo e dichiarandone di conseguenza la fine, o comunque prendendo atto dell’impossibilità odierna di attuarlo, e rimandandone l’eventuale esecuzione al momento in cui saranno presenti le condizioni minime necessarie per la sua sostenibilità.
Sappiamo bene come, in tutt’altro contesto e momento, i teoremi non dimostrati, le ipotesi infondate e i tentativi di depistaggio abbiano portato il ferroviere, capotreno, Giuseppe Pinelli ad “essere suicidato”. Gli insegnamenti della storia sono purtroppo troppo spesso ignorati e dimenticati.
Se poi volessimo noi, per un momento, giocare a fare i complottisti, potremmo azzardare un’ipotesi assurda: non è che tutti questi guasti e incidenti causati dalla nuova organizzazione possano servire per dimostrare l’inefficienza e la non redditività del sistema di manutenzione e non siano finalizzati a un’eventuale privatizzazione?
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