Come avevamo spiegato in questo articolo, ecco la risposta de Le Iene:

Ciao!
Ci raccontereste meglio la situazione?
Grazie.

A seguito della quale abbiamo mandato il nostro testo per spiegargli come stanno le cose:

– Testo accompagnatorio della nostra mail

Salve, innanzitutto grazie per l’attenzione.
A proposito dei licenziamenti da parte dei manutentori di RFI, vi inviamo questo testo in cui si toccano i punti principali su cui varrebbe la pena di indagare, secondo noi manutentori dell’assemblea nazionale lavoratori della manutenzione (nata alla fine di gennaio scorso, in contrapposizione all’accordo sulla riorganizzazione firmato il 10 dello stesso mese da RFI e i sindacati).
Possiamo fornire testimonianze e informazioni.

– Questo il nostro comunicato

Punti principali su cui varrebbe la pena di indagare

Il 10 gennaio 2024 l’azienda ha sottoscritto un accordo con i sindacati che definisce la base normativa che dà il via alla nuova riorganizzazione dell’infrastruttura ferroviaria. Accordo per cui i lavoratori non sono stati minimamente né avvisati né consultati. Le conseguenze per i manutentori, si sono rivelate devastanti sia in termini di qualità della vita che di sicurezza sul lavoro. Lo dimostrano le centinaia di licenziamenti avvenuti. L’incremento delle dimissioni tra il personale, riguarda sia i veterani, che vedono i loro ritmi di vita stravolti da uno pseudo turno che non garantisce nessuna ciclicità, che li porta ad uno stress psicofisico diventato “endemico” che mina l’equilibrio di chi dovrebbe operare in sicurezza, che deve essere mentalmente lucido e che ha una grande responsabilità, sia i neoassunti.

Propedeutica ai lavori del PNRR che stanno risucchiando risorse ingenti, e alla riorganizzazione, c’è stata infatti una campagna di assunzioni senza precedenti. Le tante previste dal 2024 al 2026, saranno a tempo indeterminato solo dopo tre anni: fino ad allora non potranno dar adito a dimissioni senza aver pagato una cauzione che va fino a 10.000 euro per riscattare il costo della formazione. Molte di queste assunzioni sono state effettuate al sud, facendo partecipare i ragazzi a bandi regionali. Gli viene prospettato di essere assunti vicino casa, poi, talvolta il giorno stesso della firma del contratto, viene loro presentato il lavoro al centro e al nord Italia. Dopo che magari si sono licenziati da un altro impiego. Fra l’incudine e il martello, la stragrande maggioranza dei ragazzi ha firmato il contratto di lavoro. Nonostante alcuni di loro le abbiano già presentate, ci aspettiamo un’ondata di dimissioni subito dopo la firma della stabilità.

Intanto è stato chiaro sin da subito a tutti quelli che conoscono il mondo ferroviario, che il sistema imposto non poteva funzionare e che ben presto quel modello avrebbe portato a conseguenze pesanti. I manutentori hanno iniziato sin da subito a scioperare contro questo accordo e questa riorganizzazione, e a denunciare le possibili conseguenze di quella scelta per il trasporto ferroviario, tra cui anche quelle per la sicurezza dei viaggiatori.

Così, dal 3 giugno 2024, data in cui la riorganizzazione viene applicata e ridefinisce come si dovrà operare da lì in avanti, accade quello che era prevedibile, ovvero lo smantellamento delle squadre come invece erano state concepite prima del 3 giugno che provoca, tra gli altri, due fenomeni conseguenti che si riveleranno determinanti: il primo vede il personale redistribuito su più turni, e ciò svuota la capacità operativa delle squadre ridotte al minimo. Di conseguenza il fenomeno successivo in cui si ridimensiona drasticamente anche il pronto intervento (l’intervento in reperibilità): va da sé che, per poter operare e raggiungere un numero minimo di agenti che siano in grado di svolgere una qualsiasi lavorazione, occorre che vengano accorpate più squadre. Questo significa tempo, e spostamenti anche di parecchi chilometri, aumentando sia il tempo di intervento, che la probabilità che in itinere avvengano incidenti automobilistici (aumentati realmente in modo esponenziale dal 3 giugno, soprattutto nel tragitto notturno di ritorno, come del resto gli infortuni sul lavoro). Si penalizza fortemente, così, la capacità manutentiva su una infrastruttura già fragile (ricordiamo che il ciclo manutentivo è già da anni passato da un approccio preventivo ad una condizione di intervento “on conditions”, che avrà forse ridotto i costi, ma ha esposto l’infrastruttura ad un inevitabile aumento dei guasti), e si rende il quadro in cui gli agenti devono operare estremamente precario. Pare ci sia la volontà di indebolire la capacità di ripristino in caso di guasto.

Per quanto i lavoratori facciano miracoli viste le condizioni in cui sono costretti ad operare, il risultato dal 3 giugno 2024 in avanti, è facilmente leggibile nei tabelloni di tutte le stazioni d’Italia che riportano quotidianamente ritardi. Il susseguirsi di questi ritardi ha sostanzialmente “sabotato” il diritto alla mobilità di quanti utilizzano il treno.

Se da una parte occorre chiedersi del perché RFI, che tra l’altro vede come azionista di maggioranza lo Stato, sostenga la scelta di generare un disservizio facilmente prevedibile e non metta in atto alcun correttivo di qualsiasi tipo non curandosi nemmeno delle conseguenze per l’utenza, ne’ dell’enorme spreco di denaro pubblico in atto, dall’altra ci costringe ad assistere ad una operazione continua di occultamento dei fatti che dovrebbe quanto meno far riflettere. Come abbiamo detto, questa riorganizzazione così come concepita e condivisa tra l’altro anche dai sindacati che hanno firmato l’accordo del 10 Gennaio, non avrebbe mai potuto funzionare e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Sono 8 mesi che i tabelloni raccontano cosa stia accadendo e a più riprese assistiamo alle letture più assurde di questo fenomeno. Con l’attribuzione delle responsabilità ai cantieri del PNRR si sposta sul piano della contrapposizione politica il dibattito pubblico, e si distoglie l’attenzione dalle vere cause dei continui ritardi. Sembra che nessuno sia interessato a capirle. Vi è una cappa quasi “omertosa” difficile da diradare. Abbiamo visto a più riprese puntare il dito lontano dalla realtà dei fatti: prima sui lavori del PNRR, poi sui chiodi che hanno crocifisso la stazione di Roma Termini, per finire con la difesa di ufficio che RFI fa, cercando di individuare nel sabotaggio le ragioni di questo dissesto.

Una difesa così strenua di questa operazione che RFI sta portando avanti senza dimostrare alcun ripensamento e alcun tentativo di ricalibrare la propria azione con interventi correttivi per contenere i danni, non può che generare dubbi sul fatto che questa sia una scelta deliberata. Per chi lavora in RFI il clima è pesante, sia per le condizioni di lavoro, sia perché è sempre più pressante l’input di non comunicare in alcun modo all’ “esterno”. Siamo arrivati addirittura al punto che, quando avvertita preventivamente della presenza di giornalisti, la dirigenza faccia avvertire il personale di sparire dalla vista per non incorrere in sanzioni disciplinari parlando dei problemi in pubblico. Il rischio è che quella a cui stiamo assistendo sia un’operazione che ha un obiettivo ben preciso, che sembra essere lo smantellare la manutenzione infrastruttura facendola implodere, e una volta messa in discussione la capacità dei manutentori di garantirne l’efficienza, indirizzare questa attività e le ingenti risorse che, aldilà del PNRR, questa si porta dietro, verso altri “lidi”.

Per far meglio comprendere cosa intendiamo è un po’ come quando si decide di chiudere un magazzino materiali: prima si smette di approvvigionarlo di ciò che serve, poi si evidenzia l’inutilità dello stesso e infine lo si chiude per poi rivolgersi altrove. Questo modus agendi con i dipendenti poi, da’ da pensare che le assunzioni siano richieste momentaneamente ma non interessi portarle avanti, anzi che si provochino i futuri licenziamenti. Che il numero dei lavoratori debba essere gonfiato ad oggi per essere sgonfiato domani, e sia solo fumo negli occhi, ma per chi? A tutto ciò va aggiunta la posizione del Ministro dei Trasporti che non solo ha in questi mesi contribuito attivamente a distogliere l’attenzione dai problemi reali che Rete Ferroviaria Italiana sta vivendo, ma non è intervenuto in alcun modo a difesa del diritto alla mobilità dei cittadini in questo paese, né a difesa di RFI che è un bene del Paese.

In considerazione di quanto fin qui esposto, pertanto, ci chiediamo se nelle iniziative intraprese dal gruppo dirigente di Rete Ferroviaria Italiana possano esservi elementi configurabili come lesivi dell’interesse pubblico, in quanto in contrasto con la funzione sociale di una Azienda il cui azionista di maggioranza è lo Stato. Ci chiediamo inoltre se nelle iniziative intraprese dal gruppo dirigente di Rete Ferroviaria Italiana si possa ravvedere il favoreggiamento di interessi in conflitto con quelli dell’Azienda stessa. Chi favorisca la paventata “privatizzazione” dell’AV (da cui peraltro derivano i maggiori introiti di RFI).

Infine sarebbe interessante sapere se nei comportamenti mediatici del Ministro dei Trasporti e nell’immobilismo dimostrato nell’affrontare questa vicenda vi siano elementi penalmente rilevanti. Varrebbe la pena di indagare.

E ci hanno dato già un primo riscontro!

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