Pubblichiamo un articolo di CUB Rail apparso sul numero 83 di dicembre 2024:

Smantellare la Manutenzione!

In sciopero dall’inizio dell’anno i Ma­nutentori di RFI stanno dando una le­zione di orgoglio operaio fuori dal co­mune e di interessante laboratorio, fino a quello culinario, con cui si pren­dono cura di sé e dei propri ospiti. Il 13 novembre lo sciopero nazionale si ac­compagna ad un’assemblea aperta e corteo per il centro di Firenze fino a gridare le proprie ragioni davanti ai palazzi blindati dove i potenti della terra discutono dell’industria del turi­smo come nuova risorsa da spremere. “Come li portate in giro per l’Italia i turisti?!” era lo slogan a riconnettere l’aberrazione del G7 fiorentino alle condizioni di lavoro e sicurezza del vettore ferroviario.

L’Assemblea ha offerto, a chi volesse sapere cosa accade nel settore, il di­spiegamento di un’analisi e delle mo­dalità di una battaglia che parlano a tutti, come frammento di specchio in cui rivedersi ciascuno altrimenti in­trappolato nelle proprie dinamiche, che solo apparentemente sembrano solo specifiche ma Io sono piuttosto solo nella forma di attuazione.

Lo sciopero nazionale è andato bene con percentuali di adesione forse in ribasso rispetto agli inizi, (50%) ma con una tenuta di lusso rispetto ad al­tre epoche sindacali. É pur vero che diversi accordi territoriali hanno già sigillato l’Accordo nazionale deI 10 gennaio, di devastazione delle vite dei manutentori e del loro lavoro, con il fisiologico riflusso delle lotte, tuttavia non tutto è così liscio. Sia perché, lad­dove RFI è riuscita a far atterrare nelle DOIT quell’accordo, i lavoratori hanno visto l’inferno che li aspetta, sia perché i conti dí RFI non tornano e spesso le lavorazioni non riescono a partire né i turni a girare, sia perché dove invece l’accordo territoriale ancora non passa il ricatto dei turni unilaterali -appositamente calati per rendere desi­derabile il suicidio assistito dell’accor­do- brucia gli animi, sia infine perché tutti hanno capito che non è finita qui e la ristrutturazione è solo all’inizio. Su tutto pesa la pietra di paragone del lavoro nelle ditte di appalto, ancora lì nonostante le promesse di reinternaliz­zazione dei segmenti, ancora lì nono­stante gli abbriccichi e il sospetto che quella modalità sia all’origine di alcuni ultimi incidenti, sia perché l’anima dell’Accordo del 10 gennaio è appunto diventare come Ie ditte “se non volete essere sostituite da quelle”. Durante l’Assemblea ad esempio si è anche ag­gredito il punto nodale del Come si la­vora: mettendo da parte tutto quello che in termini di regola d’arte e pre­venzione si è imparato nelle aule pro­fessionali, la spinta -che sovente poi diventa un’autospinta- a finire ad ogni costo, a fare in fretta, o comunque ad aggirare alcune procedure, è un fardel­lo che i lavoratori devono saper riget­tare e soprattutto saperne combattere l’introiezione. Capita infatti che chi medesimo è a lavoro voglia per odio dello spreco “finire” o fare di più da­vanti ad un problema “inatteso”, a di­spetto delle condizioni che non ci sono. Altri spunti emersi riguardano la politi­ca delle Alleanze e tenere duro nella capacità di stare uniti nella forma as­sembleare senza cedere a trovare qualcuno cui delegare il proprio riscatto. Si è inoltre aperto uno squarcio sulla realtà ferroviaria della Manutenzione ferroviaria dei Veicoli, nei cui impianti si sta svolgendo lo stesso film di ricatto col lavoro esternalizzato e della con­correnza fra siti, affinché si accettino i peggioramenti e le flessibilizzazioni dell’orario di lavoro. Con la conseguen­za del potenziamento d’orario produt­tivo di alcune officine e la chiusura di altre. La vicinanza vertenziale dovreb­be facilitare un collegamento con que­ste realtà, atteso che poi dentro alcune officine sono sorti comitati di lotta che fronteggiano gli stessi problemi mo­vendo da non dissimili analisi.

Il quadro presentato con il 10 gennaio sullo sfondo fa ritenere che l’affondo sul lavoro, a destrutturarne le umane compatibilità, non è che la prima fase di una svolta catalizzata delle logiche di privatizzazione: ristrutturazione a spremere il lavoro, non guardando al­tro che a numeri di riscontro produtti­vo, ma con introduzioni di ulteriori passaggi di ristrutturazione dove il modello pedissequo sarà sempre di più la ditta privata, non importa quanto male possa lavorare o sia insicura per il tipo di lavoro svolto. Il tutto in un periodo in cui il governo parla pubbli­camente di una novità, nelle sussegui­tesi dichiarazioni sulla privatizzazione del Gruppo FS, con un piano che mette­va all’asta proprio la parte più pubblica del traporto, appunto RFI spa, gestore dell’infrastruttura nazionale.

Si sono aggiunti interventi di ex ferrovieri, anche della Manutenzione, di incoraggiamento e ricordo di lotte vissute e continuate con caparbietà. Sempre in assemblea è stata portata la vicinan­za di Comitati dei famigliari delle vitti­me di Viareggio (Il mondo che vorrei) che da anni hanno sviluppato un’atten­zione su quel che succede in ferrovia, collegato i famigliari di altri incidenti, e sostenuto tutte le lotte interne che sol­levano istanze di sicurezza, anche solo nel reclamare condizioni di lavoro sop­portabili per svolgere quelle delicate lavorazioni. La manutenzione della linea ferroviaria del resto è il settore negli ultimi anni ha visto pendere dalla propria parte lo sbilanciamento delle morti-infortuni-incidenti-mancati inci­denti. Alla commemorazione alternati­va di Brandízzo, 31 agosto, c’era l’As­semblea con la convinzione che quel dolore dava loro cento ragioni. Se la risposta aziendal-sindacale è stata l’Ac­cordo funesto, la loro resistenza alla rottura degli equilibri sui turni è un tentativo di rimanere aggrappati a con­dizioni di sicurezza ineludibili. Gli inci­denti stradali che avvengono alla guida dei mezzi delle squadre di rientro dai lavori sono un limpido campanello di allarme.

La mattinata fiorentina sí è traslata poi ai tavoli deI pranzo -anch’esso genuina­mente autorganizzato- dove erano im­banditi lampredotto, pappa al pomodo­ro e olio novo, schiacciata alla genove­se e focaccia alla barese: ristoro gaio per partire poi in corteo al presidio. Avendo soprattutto concluso l’assem­blea con la fissazione deI prossimo ap­puntamento di sciopero per la ricor­renza di un anno di lotta, il 10 gennaio 2025. Saremo ancora qua.

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