Questa è una lettera aperta che abbiamo inviato alle nostre care organizzazioni sindacali firmatarie per chieder loro un confronto nonché, qualora se lo fossero perso, se il bilancio disastroso di questi ultimi 7 mesi che hanno contribuito con così tanta passione a realizzare rientrasse nei loro canoni. Buona lettura a tutti🔥


Filt Cgil

filtcgil.segreteria@postecert.it

Fit Cisl

fitcislnazionale@postecert.it

Uiltrasporti

segreteriagenerale@pec.uiltrasporti.it

OrSA

sg.orsaferrovie@pec.sindacatoorsa.it

FAST

sn@slm.sindacatofast.it

UGL

ugl.taf@pec.it


E P.C.

Maurizio Landini

segreteria GeneraleCGIL organizzazione@pec.cgil.it

Luigi Sbarra

segreteria generaleCISL cisl@pec.cisl.it

Pierpaolo Bombardieri

segreteria generaleUIL segreteriagenerale@pecert.uil.it

Lettera aperta alle segreterie nazionali di Filt Cgil, Fit Cisl, Uil Trasporti, OrSA, Fast e Ugl


Sono oramai passati 7 mesi dalla firma dell’accordo del 10 gennaio 2024. Inutile sottolineare i molti aspetti per cui la maggioranza dei manutentori sta lottando contro quell’accordo; abbiamo fatto già 5 scioperi e per quanto qualcuno potesse sperare che, grazie al passare del tempo, tutto si sarebbe normalizzato, siamo ancora qui con la convinzione, oggi più che mai, che quella scelta folle vada radicalmente rivista.

Quello che l’Assemblea Nazionale Lavoratori Manutenzione sta denunciando da mesi vi è noto, pertanto non è quello che ci preme oggi venga ribadito. Riteniamo però che quanto stia accadendo costringa ad un inevitabile bilancio; vorremmo quindi sottoporvi alcuni aspetti che sono sotto gli occhi di tutti e che i lavoratori stanno ingiustamente subendo grazie alle vostre scelte.

L’Azienda:

Con l’accordo del 10 gennaio l’azienda ha sciolto i cani: lo sta facendo senza porsi alcun limite, affermando l’idea che si sia definitivamente sottratta dal dover rispettare qualsiasi straccio di regola, e poco importa che se ne analizzi il comportamento in DOIT in cui sia stato firmato o meno l’accordo territoriale.

Un’idea di controllo assoluto che sta sottoponendo i lavoratori ad un regime che ricorda le condizioni di lavoro in uso nel paese all’inizio del secolo scorso. La figura del Cum, coadiuvato da zelanti specialisti, si immola come parafulmine di una dirigenza che, come al solito, si tiene fuori dalla mischia, ottenendo come contentino per il suo servizio le teste dei suoi sottoposti, delle quali potrà deciderne il bello ed il cattivo tempo, diventandone il boia, l’esecutore materiale di quello che si sta rivelando un disastro.

Questo ovviamente crea un meccanismo che punta alla sottomissione assoluta dei lavoratori che, per non essere attenzionati dal Cum di turno, dovrebbero secondo questa logica offrire obbedienza cieca.

Anticipando l’obiezione che si potrebbe fare rispetto a come Cum e Specialisti stiano subendo indicazioni che arrivano dall’alto, rendendoli di fatto per qualcuno assolvibili, ricordiamo che giocare con la vita delle persone non è mai lecito e non è previsto né sul CCNL né sul loro mansionario; pertanto potrebbero scegliere di non prestarsi alle tante porcherie che ogni giorno registriamo in ogni DOIT. Questo è il momento in cui si sceglie da che parte stare e non si possono tenere i piedi in due scarpe: se si sceglie di essere funzionali a questa riorganizzazione, che ha ricevuto il vostro benestare con l’accordo del 10 gennaio, ci si devono assumere tutte le responsabilità del caso.

I lavoratori:

Dal 3 giugno in poi è stato chiaro a tutti quali sarebbero state le intenzioni dell’Azienda; quella mortificante suggestione che avete sostenuto nell’accordo del 10 gennaio, ovvero che tutto ciò serviva a contemperare i tempi di vita e di lavoro, si è tramutato in una articolazione dell’orario di lavoro surreale che, in barba a qualsiasi logica, impone tra le altre cose 8 giorni di lavoro consecutivi, che diventano almeno 11 giorni visto che quella specie di RGLS che arriva dopo l’ottavo giorno non è nemmeno goduto a pieno essendo intaccato da una prestazione notturna. Lavoratori inviati, con una impropria applicazione della trasferta, a lavorare per tutta la DOIT, con la beffa di veder scaricare sulle proprie spalle i tempi di spostamento.

I reperibili sono diventati jolly da utilizzare in qualsiasi occasione, scimmiette sempre pronte da usare a piacimento. Qualcuno ci dovrebbe spiegare l’incapacità organizzativa che quotidianamente RFI dimostra come si lega a questo concetto: “al fine di garantire la sicurezza, la continuità del servizio e la funzionalità degli impianti a fronte della segnalazione di guasti o anomalie, e comunque per sopperire ad esigenze non prevedibili delle imprese ferroviarie.”

Azzerato il diritto al pasto, come se fosse accettabile considerarlo una attività superflua.

La composizione delle squadre inoltre rasenta la farsa, e molto spesso è al di sotto del numero minimo, con 2 lavoratori quando va bene (per intenderci), per non parlare di quanto il combinato disposto della consistenza e dell’esperienza spesso sia un ostacolo importante al poter operare in sicurezza.

Una riorganizzazione che mette al centro la figura dei capi tecnici, però poi li individua anche tra i più giovani, ancora apprendisti, non curandosi delle conseguenze di affidare un compito così delicato a lavoratori che non hanno esperienza e non hanno nemmeno confermato il rapporto di lavoro; non ci vuole un genio per immaginarsi quanto potranno tenere testa alle pressioni delle ditte o di qualche zelante Cum/Specialista, che per esigenze produttive “suggerisca indulgenza”.

Il capitolo dell’imposizione delle mansioni superiori poi grida vendetta: imporre a lavoratori mansioni che espongono a rischi anche di tipo penale non è solo illecito, ma anche criminale.

Siamo arrivati all’assegnazione d’ufficio senza accettazione, con una logica perversa che è a dir poco da incoscienti: se per fare il Capo Tecnico, figura preposta a certificare la sicurezza e la regola d’arte dell’attività svolta, prima si doveva verificare l’idoneità del soggetto, oggi basta non essere stati considerati inidonei per poter essere obbligati a farlo. Anzi, in realtà nemmeno questa condizione è più sufficiente, spesso con il teorema che chi è reputato inidoneo alla mansione oggi, forse potrebbe esserlo un domani, si azzera qualsiasi verifica e chiunque allo schioccar di dita del Cum di turno si trovi a passar di li anche per caso, si ritrova Capo Tecnico in tutto e per tutto.

Del resto che sia diventato facilissimo diventare CT di questi tempi è sotto gli occhi di tutti dato che i formatori hanno indicazioni precise al momento degli esami: le domande non dovranno avere un taglio tecnico, ma motivazionale. D’altronde, per quale motivo valutare le reali capacità tecniche di una persona di mantenere alto lo standard di sicurezza dei nostri impianti, quando basta verificarne la cieca obbedienza e la predisposizione al sacrificio in caso di problemi?

Il rispetto del turno imposto poi è assurdo, forse avreste dovuto scrivere sul 10 gennaio che i tempi di vita corrispondono al lavoro, perché l’incapacità organizzativa o le paturnie dei Cum si traducono in una schizofrenica articolazione dell’orario di lavoro che cambia in continuazione: l’azienda al massimo, ma non sempre, dà un preavviso di 48 ore, rendendo impossibile organizzare la propria vita in ogni suo aspetto. E tutto questo è tutt’altro che occasionale.

Il turno avvicendato sulle 24 ore è una barzelletta: sono stati capaci di pretendere un contraddittorio tra turni non combacianti, costringendo allo straordinario chi deve ricevere il cambio; per non parlare di come un turno, che realmente avvicendato non è, diventi il pretesto per non riconoscere permessi frazionati, mezzi congedi e quant’altro.

La lunghezza dei turni, i continui cambi, le condizioni di assoluta mancanza di serenità con cui i lavoratori sono costretti ad operare, aumentano esponenzialmente il rischio per i lavoratori, costringere il personale ad operare in queste condizioni, implicitamente favorisce un aumento dei rischi.

Lo stipendio di luglio ha anche spazzato via l’illusione che ci fosse almeno un ritorno economico: non solo il riscontro si è rivelato ancor più penalizzante di quanto lo avevamo previsto qualche mese fa, ma l’unico dato certo è che per venire a lavorare i costi sono notevolmente aumentati, tra l’altro obbligando molti all’uso intensivo dell’auto che, si sa, è per sua natura più esposta a rischi, specie se utilizzata dopo prestazioni sempre più pesanti.

Le prospettive:

Non si era mai visto nella storia di questo paese una emorragia di lavoratori, giovani e non, che per non subire le mortificanti condizioni che state imponendo loro, si stanno licenziando dalla “ferrovia” che prima del 10 gennaio era addirittura una meta ambita. Un fenomeno che dovrebbe quantomeno far riflettere.

Sono state spese anche troppe parole su come il 10 gennaio avrebbe salvato i manutentori dalla disfatta. Eppure cosa sta accadendo in maniera intensiva da diverse settimane sembra andare nella direzione opposta: per chiarire il concetto occorre analizzare la miriade di ritardi che stanno catalizzando l’attenzione dei Media, offrendo una lettura che sembra voler distogliere l’attenzione dalle reali cause che tutti conosciamo.

Sostenere che alla base di tutti i ritardi treno la causa sia da ricercare nell’intensificazione dei cantieri estivi è un buon modo per buttare la palla in tribuna.

Intendiamoci, sicuramente quell’aspetto potrà avere anche una sua incidenza, ma il problema vero è che con la composizione delle squadre all’osso per qualità e quantità, le distanze da percorrere per coprire gli ammanchi in nuclei lontani e l’irrazionale utilizzo del personale, i tempi di intervento sui guasti sono inevitabilmente aumentati, rendendo insufficienti e frustranti gli sforzi di chi è costretto a lavorare in queste condizioni.

Gli svii che stanno offrendo una certa frequenza hanno in comune l’essere avvenuti in tratte cantierizzate. Se facciamo riferimento a come si sta lavorando, difficile non trovare una connessione e vedere come RFI si prodighi a scaricare sui manutentori responsabilità che sarebbero da ricercare nel modello che ci state imponendo. La scelta di organizzare una sessione straordinaria di Mantenimento Competenze Armamento per tutto il personale, ad esempio, sembra sottintendere che è lì che andrebbe corretto ciò che non ha funzionato.

Non è quindi casuale, a nostro avviso, come si sia messa sotto accusa la funzione stessa di chi oggi si occupa della manutenzione dell’infrastruttura: non del gruppo dirigente che con voi sta facendo disastri, ma del ruolo stesso, inteso come servizio che i ferrovieri garantiscono da sempre.

Tutto ciò accade in un contesto dove ci sono cose che si stanno muovendo e che offrono segnali preoccupanti.

Mentre vedremo la lista di conformità INL che effetti provocherà, visto che aldilà di quanto potrebbe coinvolgerci direttamente segna un ulteriore arretramento degli strumenti che dovrebbero garantire sicurezza sul lavoro, indebolendo ulteriormente la funzione degli organi di controllo che già non sono particolarmente performanti, cogliamo un segnale che ci sembra particolarmente preoccupante e che vi vede convocati dalla commissione di garanzia il 12 settembre per ridiscutere in peggio l’accordo sui servizi minimi.

La storia ci ha tristemente insegnato come le lotte dei ferrovieri, specie se partecipate e autorganizzate, sollecitino i pruriti di chi vede nella limitazione del diritto di sciopero la soluzione per risolvere i conflitti e, dati i precedenti che vi hanno visto, nello specifico Cgil, Cisl e Uil, chiedere a gran voce la legge 146/90 prima e la legge 83/2000 poi, viene naturale chiedersi che intenzione abbiate oggi.

Certo, la Commissione di Garanzia per dare una parvenza di pluralità a quell’incontro ha convocato anche qualche sindacato di base il pomeriggio, ma è evidente che quello che deve succedere, purtroppo, succederà al mattino. Del resto la Commissione di Garanzia non ha fatto nemmeno lo sforzo di cercare un confronto con chi sta scioperando sul serio: in questi mesi l’Assemblea Nazionale Lavoratori Manutenzione e l’Assemblea Nazionale PDM e PDB stanno infatti garantendo ad un’ampia platea di ferrovieri di mobilitarsi in completa autonomia; pertanto, almeno in questo momento, sarebbero i soggetti più titolati ad un confronto su un argomento così delicato.

Come a questo punto dovrebbe essere evidente, siamo alla rappresentazione di un disastro che deve in tutti modi essere fermato; per questo riteniamo necessario sollecitarvi su questi aspetti: avete discusso per 3 anni senza mai confrontarvi coi lavoratori, avete deciso di firmare l’accordo del 10 gennaio pur consapevoli della forte contrarietà manifestata, avete sostenuto l’Azienda dal momento che ha iniziato ad ignorare le più semplici norme contrattuali, e tutto questo senza mai accettare un confronto con chicchessia.

Però questo è il momento dei bilanci a cui riteniamo non possiate sottrarvi. Considerato che l’accordo del 10 gennaio ha provocato quello che abbiamo fin qui descritto, era quello che vi aspettavate?

In quest’ottica vi invitiamo ad un confronto, anche pubblico, per discutere di questi temi.

Riteniamo sia indispensabile, allo stato dell’arte, non perdere ulteriormente tempo, perché questo disastro va fermato e non potete sottrarvi all’infinito.

Vi proponiamo un confronto da tenersi a fine agosto. Settembre vedrà due appuntamenti importanti prima dei quali è opportuno esprimiate la vostra posizione.

Infatti il 6 settembre abbiamo indetto il sesto sciopero contro l’accordo del 10 gennaio e il 12 settembre avrete l’incontro con la Commissione di Garanzia per limitare ulteriormente il diritto di sciopero per i ferrovieri; arrivare a questi appuntamenti con una chiarezza delle posizioni in campo è un atto dovuto nei confronti dei lavoratori; se poi riterrete opportuno sottrarvi ne dovrete rispondere a loro.

In attesa di un vostro riscontro, saluti.

18/08/2024

Assemblea Nazionale Lavoratori Manutenzione

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