Facciamo il punto della situazione, riflessioni sul futuro.

Sono passati 6 mesi e il quadro devastante imposto dall’accordo del 10 gennaio oramai è chiaro a molti, specie tra i lavoratori che lo subiscono; chi ha capito che è una partita lunga e quanto c’è in gioco realmente sta scegliendo di resistere, e questo ha reso la discussione ancora più serrata perché tutti abbiamo dovuto fare i conti con gli strumenti che abbiamo, con il fatto che per la prima volta
nella sua storia il settore della manutenzione ha voglia di dire la propria e non si accontenta delle stanche e fatiscenti scuse con cui le organizzazioni sindacali tentano di rifilarci qualcosa che è
peggio di una polpetta avvelenata.
L’esperienza dell’assemblea nazionale ha dimostrato che quando siamo uniti riusciamo a dire la nostra, e in maniera efficace; se oggi il quadro, per quanto difficile, non è ancora stabilizzato e le
difficoltà imperversano un po’ ovunque, è anche grazie alla determinazione di tutti i manutentori.
Dobbiamo ricordare che ci hanno inculcato talmente bene il fatalismo e la rassegnazione, che non riusciamo a valorizzare le nostre potenzialità neanche mentre le stiamo esprimendo.

Fatto sta che ad oggi abbiamo fatto 5 scioperi e molte DOIT ancora non hanno firmato accordi, e se ciò è accaduto è stato grazie alla mobilitazione che, come Assemblea, siamo stati capaci di esprimere.

Armi di distrazione di massa? Il ruolo delle OS firmatarie in questa fase

Prima di affrontare alcuni aspetti che occorre chiarire, dobbiamo esaminare quali sono le posizioni in campo.

Con questo ci riferiamo al ruolo che le OS firmatarie a livello territoriale stanno interpretando.
Perché, fermo restando che ognuno alla fine sceglie la propria strada, l’ambiguità, se non individuata e compresa, rischia di produrre effetti che possono essere controproducenti per la lotta.

Sicuramente è vero che in alcune DOIT, nemmeno pochissime, la firma degli accordi territoriali non è arrivata, e questo di sicuro è positivo, però confondere questo con le intenzioni di chi oggi non ha ancora firmato potrebbe essere pericoloso.

Procediamo quindi con ordine: le ragioni che hanno impedito la firma sono diverse, ma di sicuro la ragione maestra è stata l’enorme spinta che i lavoratori hanno prodotto, che ha preoccupato le segreterie regionali.

Fermo restando che anche su questo l’unitarietà che cercano di rappresentare è solo di facciata, alcune OS avrebbero fatto gli accordi fin da subito e i lavoratori lo sanno, ma anche le altre giocano su un filo molto sottile.

Infatti, nessuna di loro si è mai espressa ufficialmente contro il 10 gennaio e, seppur motivate principalmente dalle forzature aziendali, non si può certo dire che stiano facendo di tutto per ostacolarle, queste forzature.

Nessuna indicazione di lavorare a norma per ostacolare le porcherie che ci stanno imponendo, almeno ufficialmente; in maniera informale ci sono sindacalisti che qualche indicazione la danno e
altri che danno ragione all’azienda anche se in teoria sarebbero mobilitati contro.

Un casino quindi, ma chiaramente l’operazione di fondo è tentare di recuperare consenso, senza però mettere in discussione il 10 gennaio; quindi occorre valutare con attenzione le nostre mosse, perché se fosse stato per loro, la partita sarebbe già chiusa.

La scelta stessa di rivendicare come propri i risultati dello sciopero del 3 giugno, di non confrontarsi con chi la vertenza la sta portando avanti da 6 mesi oramai, e la scelta di tentare la fuga in solitariacon lo sciopero del 18 luglio, ricordano le tecniche che si adottano, quando le os cercano di riprendere il controllo, per affossare le lotte. Se aggiungiamo che hanno, su questo punto, il consenso delle loro segreterie nazionali (quelle che hanno firmato il 10 gennaio per intendersi), il quadro non è difficile da ricomporre.
Quindi se da questi signori ci si aspetta un ravvedimento, quello resta una pia illusione. Sulla vicenda dell’articolo 28 poi, si sta consumando uno psicodramma che la dice lunga.

Per fare chiarezza l’art. 28 della legge 300/70 permette alle os di denunciare un comportamento antisindacale e ovviamente sul CCNL, essendo firmatari, hanno delle possibilità in più.

Detto questo, sono 2 mesi che viene sventolata questa opzione, perché qualcuno ne parlava già prima del 3 giugno: al momento forse parte quello della DOIT Bologna; Firenze sembra che abbia fatto un art. 28 sullo straordinario, quando ormai dal 3 giugno non è più il problema più impattante.

Una farsa quindi: l’efficacia che può avere l’art. 28 è di tipo interdittivo quindi, più che puntare a delle sanzioni, potrebbe fermare l’operato dell’azienda. Se però vengono fatti accordi nel frattempo, finisce tutto in cavalleria, e sappiamo che, specie la Fit Cisl, su questo versante è particolarmente attiva: stanno aspettando in molti di superare lo sciopero del 18 luglio, sperando in un buon risultato per poter dire ai propri nazionali che hanno ripreso il controllo, e tornare ai tavoli, approfittando della stanchezza e della distrazione che l’estate è per molti lavoratori.

Un’operazione di recupero che se riesce sarà letale per i lavoratori della manutenzione, perché rinunciare alla lotta per ritornare in un abbraccio mortale, che ci riserverà solo brutte sorprese, sarebbe una scelta suicida.

Strumenti utili: sostenere la lotta e quindi, che fare?

Il 10 gennaio, lo stiamo dicendo da mesi, per quanto già di per sé sia dannosissimo, è solo l’inizio di un percorso che peggiorerà le nostre condizioni di vita e metterà, nel giro di pochissimi anni, in discussione il nostro posto di lavoro.

Da qui parte il nostro ragionamento perché, se non ci attrezziamo per tempo, non saremo in grado di affrontare una sfida epocale che metterà in discussione la nostra stessa esistenza come ferrovieri.

Quali fossero le strade migliori da percorrere , è stato il quesito quotidiano di tutti per mesi. La ricerca di qualcuno a cui delegare la soluzione, una smodata convinzione che affidarsi ad un avvocato ci avrebbe risolto tutti i problemi e una difficoltà comprensibile d’immaginarsi in grado di fermare un disastro come quello che ci stava venendo addosso; ci ha portato a percorrere ogni sentiero possibile, consolidando un’idea che ci eravamo fatti quasi da subito: non esiste una sola cosa che può risolvere a nostro favore una vertenza come questa, dobbiamo avere la capacità di utilizzare tutti gli strumenti che riusciamo a maneggiare, siano essi legali che conflittuali, nel senso classico del termine, magari inventandocene anche di nuovi e, in ogni caso, non rinunciare a niente: tutto ha una sua funzione, piccola o grande che sia.

A questo va poi aggiunto che, per quanto abbiamo cercato di socializzare l’idea che questa sia una partita dai tempi molto lunghi, non mancano i segnali che manifestano l’impellenza di ottenere risultati immediati.

Umanamente lo comprendiamo, ma sarebbe come pretendere di valutare un campionato dall’esito della prima partita giocata.

Quindi per reggere una maratona come questa con tempi di logoramento continuamente imposti, ci vuole consapevolezza; perdere di vista l’obiettivo è quello a cui troppi si affidano per vederci pronie con la coda tra le gambe pronti a farci imbrigliare di nuovo.

Gli strumenti legali sono difficili da percorrere e molto lenti, basterebbe pensare che andremo tra pochi giorni a discutere in tribunale le due ore dello sciopero del 13 marzo.

Possiamo veramente pensare che queste tempistiche siano in linea con i nostri bisogni?
Forse no, ma comunque dobbiamo saper gestire anche questo, altrimenti rischiamo di vanificare tutti gli sforzi che stiamo facendo.

Se sugli strumenti che possano consentirci di affrontare questa partita possiamo dire di avere attivato quello che era possibile attivare, ed in questo il sostegno che ad oggi i Cobas e la Cub hanno garantito all’assemblea è stato vitale, da adesso in poi resta indispensabile garantire che l’unità tra i lavoratori fin qui espressa e, soprattutto, la partecipazione dei lavoratori alla discussione, restino un tratto distintivo che dovremo riuscire a preservare.
L’assemblea ha prodotto un gruppo di lavoro che ha garantito fin qui tutto ciò che permettesse alla lotta di andare avanti: la prima cosa che il gruppo ha fatto è stato riunire in rete migliaia di manutentori di tutta Italia che da allora discutono di tutto, una vera assemblea permanente in cui si può discutere di qualsiasi cosa e avere informazioni in tempo reale rafforzando la consapevolezza di ognuno di noi; questa è una caratteristica che deve assolutamente essere preservata.

Il motivo principale per cui siamo arrivati fin qui è l’aver vissuto la nostra vita lavorativa in ostaggio di personaggi ed interessi che con noi hanno sempre avuto poco a che fare.

Questo ci porta oggi a ritenere che se vogliamo contrastare gli scenari che ci si prospettano, con le immaginabili conseguenze, dobbiamo riprenderci il diritto ad essere titolari di noi stessi, non affidandoci più a chi ci usa come merce di scambio; per questo riteniamo che l’assemblea sia pronta per dotarsi di uno strumento che ne garantisca la rappresentatività, ma che sappia nel contempo salvaguardare il principio di orizzontalità che fin qui è stata garantita.

ANLM sarà anche un sindacato

L’ANLM quindi sarà anche un sindacato: occorre recuperare il senso di questa parola ricercandolo nel suo significato originario, ovvero un sindacato fatto da lavoratori per i lavoratori, che rompa quello schema che ha visto i lavoratori soccombere sotto i colpi e le lusinghe di un sistema clientelare che si muove nell’ottica di tutelare interessi diversi da quelli per cui dovrebbe esistere.

Abbiamo bisogno di poter rivendicare il diritto di decidere del nostro futuro, e l’unico modo è quello di impedire che siano gli altri a dover parlare per noi.

Da tempo abbiamo cercato di capire come una scelta del genere fosse realizzabile tenendo conto dei presupposti che ne evidenziavano l’urgenza e, allo stesso tempo, cercando di immaginare una modalità coerente con lo spirito che ci ha mosso, che avesse l’autonomia necessaria e nello stesso tempo fosse realmente utile, quindi capace di dotarsi degli strumenti che sono necessari per conquistare quella rappresentatività che ci permetterebbe di non essere più ostaggio di chi fin qui si è dimostrato a dir poco indegno.

Riteniamo che questa sia anche una occasione per stimolare altri ad essere parte attiva in una scelta che se sostenuta ci restituirà la parola e potrà quindi fare la differenza.

A breve, a fine anno o forse ad inizio del prossimo, potrebbe esserci il rinnovo delle RSU/RLS e lì ci giocheremo una partita importante; inoltre avendo i numeri, cosa non impossibile, potremmo realmente andare a dire la nostra anche sui tavoli nazionali. Ovviamente è un percorso da costruire però si può fare, basta decidere se vogliamo restare ostaggio di chi ci sta rovinando la vita ovogliamo cercare una via di uscita.

Come abbiamo detto prima però consideriamo centrale la funzione dell’assemblea, elemento importante per garantire un punto di riferimento e di confronto che favorisca l’unione dei lavoratori, pertanto il sindacato ANLM sarà uno strumento a sostegno dell’assemblea; il gruppo di lavoro, come è giusto che sia, resterà aperto come lo è adesso e chi vi vorrà partecipare potrà tranquillamente farlo indipendentemente dal fatto che sostenga o meno la struttura sindacale: quello che è iniziato dopo il 10 gennaio è il riscatto di un settore intero e a questo riconosciamo un valore che vogliamo preservare.

Per riuscire ad avere una struttura sindacale che fosse completamente indipendente e potesse però essere operativa per poter rispondere alle esigenze che avremo in tempi brevi, dopo un confronto con i Cobas e la Cub, abbiamo valutato che la strada più semplice fosse quella di federare l’ANLM con i Cobas (con la Cub non era possibile poiché non avendo sottoscritto l’accordo sulla rappresentanza del 2014, non può presentarsi al rinnovo delle RSU ad esempio). Questo ci permetterà di non restare impantanati per troppo tempo nelle pastoie burocratiche che sono il maggior ostacolo per chi cerca di proporre qualcosa che non sia nelle compatibilità gradite dall’azienda.

A questo punto immaginiamo che qualcuno si chieda come mai non con l’USB: risponderemo sinteticamente al solo fine di non sottrarci.
Ci sono due elementi che hanno portato a questa decisione: il primo elemento è che l’esperienza che abbiamo avuto con loro è stata difficile soprattutto per la loro impostazione: l’Assemblea Nazionale dei Lavoratori della Manutenzione e, conseguentemente, il gruppo di lavoro, avrebbero dovuto mettersi al servizio della loro organizzazione, che rivendicava per sé la rappresentanza politica della mobilitazione, diventando quindi un problema nel momento in cui è stato chiaro a tutti; il secondo elemento è perché di fatto, se facciamo un’eccezione per il primissimo periodo in cui le intenzioni non erano chiare a tutti e quindi sembrava, o si sperava, che il lavoro fosse condiviso, il sostegno dell’USB all’Assemblea è stato nullo; potremmo andare anche oltre volendo, ma serve a poco. Quindi ci è venuto più naturale confrontarci con Cobas e Cub con cui il rapporto è stato fin troppo corretto e non ha mai assunto tratti di strumentalità.

Fin qui le ragioni della nascita del sindacato dell’ANLM.

Ne parleremo nell’assemblea del 10 luglio e faremo anche il punto sulla vertenza e sulle prossime iniziative.

Assemblea Nazionale Lavoratori Manutenzione

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