Stiamo leggendo un aumento della fibrillazione con l’avvicinarsi del 3 giugno: per carità, è emotivamente comprensibile, ma che sarebbe arrivato lo sapevamo tutti, per questo stiamo a più riprese sostenendo che la fase sta cambiando e bisognerà affrontare la partita per quella che è adesso.
Questo e il momento in cui più che mai occorre non perdere la lucidità.
Niente di quello che accade è legittimo: sul piano normativo per quanto riguarda le DOIT che non hanno firmato un accordo, e ancor di più sul piano politico dove lo hanno firmato.
È il motivo per cui a più riprese stiamo invitando, non sempre con successo, a concentrarsi sulle ragioni di questa vertenza e a spingere affinché il 3 giugno si possa dare una risposta forte.
Se non riusciamo a capire che quando diciamo “questa è una partita lunga” non stiamo usando un luogo comune, ma stiamo descrivendo lo stato delle cose, rischiamo di perdere di vista l’obiettivo.
Questo non è il momento delle soluzioni facili perché non ce ne sono e chi le prospetta pecca come minimo di ingenuità; se questo è vero, è vero anche che il più grosso nemico dei turni esposti (quando sarà) è il turno stesso.
Siamo pienamente in partita ma dobbiamo volerla giocare.
Continuare a professare che non c’è più niente da fare non ci aiuterà, favorirà semmai l’azienda che sta puntando proprio a farci prendere dal panico.
Questa è una guerra principalmente di nervi e se ci sono turni concordati che superano le 50 ore a settimana, siete veramente sicuri che sperare che un accordo al ribasso ci salvi sia una buona strada?
Dovremo saper calibrare giorno dopo giorno le nostre mosse e crediamo debbano farlo pure loro.
Una cosa è certa però: il 3 giugno dobbiamo farci trovare pronti, scioperare in massa ed essere tanti a Roma sarà un segnale importante di tenuta della lotta ed è la cosa su cui dobbiamo puntare assolutamente.

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